Quattro chiacchere con Sabrina Cinili

Come nasce l’idea del camp?
«Voglio trasmettere quello che il basket mi ha dato. È stata una sfida perché io non ho mai lavorato in un camp come istruttrice. Si chiama 360 perché, oltre il campo, c’è l’aspetto fisico, l’alimentazione, fondamentali per un’atleta. Vogliamo raggiungere il top sotto ogni aspetto.

La mia passione nasce da un canestro in giardino e perché riuscivo a battere mio fratello che ha 5 anni più di me. Mia mamma giocava e quindi da lì ho iniziato il mio percorso con San Raffaele, Pomezia, poi Umbertide, dove da divertimento è diventata una professione».

In cosa consiste esattamente questo camp?
«Stiamo attenti al dettaglio, perché sono una giocatrice cui piace fare le cose fatte bene. Le ragazze lavorano sul tiro e sulla visione periferica, usando il visual training, con luci e pannelli che aiutano a capire chi c’è sul campo e cosa succede intorno, perché spesso nel gioco si guarda solo da una parte. Dicono che sono una tiratrice, dunque è la cosa in cui mi sento più sicura, anche perché ci lavoro da anni andando negli Stati Uniti. Mi piace condividere questo con le giovani di questi camp che un domani speriamo di portare Oltreoceano, formando una squadra che si confronterà con le High school e parteciperà ad eventi giganteschi con quasi 300 team».
Come può crescere il movimento femminile?
«Alle ragazze serve tanta voglia di migliorarsi, la capacità di ascoltare, poi dopo arriva il lato tecnico. Bisogna saper imparare da chiunque, io adesso imparo dalle giovani cui insegno. Ne parlavamo con Giovanni Lucchesi proprio in questi giorni al raduno della nazionale. Noi azzurre pensiamo di prendere sotto la nostra ala alcune ragazze del settore giovanile per farle crescere. Mi riempe di gioia la decisione di coach Lardo di dare spazio alle giovani, come fanno altre nazioni cestisticamente evolute, come la Spagna. Bisogna cambiare gruppo pian piano, trasmettendo alle nuove il lavoro che si è fatto durante questi anni e farle arrivare pronte alle partite che contano».